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Il doping non è solo un problema degli atleti professionisti. Negli ultimi anni, ha assunto proporzioni globali, coinvolgendo anche dilettanti, body-builder e frequentatori di palestre. Alimentato da un mercato illecito, sostenuto da internet e dalla criminalità organizzata, questo fenomeno genera profitti enormi. Solo in Italia, nel biennio 2021/2022, i NAS hanno sequestrato oltre 400.000 fiale e compresse di sostanze dopanti e denunciato 42 persone.
Le ragioni che spingono all’uso di sostanze dopanti sono molteplici. Per gli atleti professionisti, la pressione sociale ed economica spesso rende “obbligatorio” vincere a ogni costo, sacrificando la salute e i valori morali in nome del successo, del denaro e della fama. Anche nelle competizioni amatoriali, la ricerca esasperata di risultati e la medicalizzazione delle palestre contribuiscono a diffondere il fenomeno, alimentato da ignoranza o indifferenza sui rischi per la salute.
Un aspetto particolarmente preoccupante è la sovrapposizione tra doping e droghe. Sostanze come cocaina, amfetamine e cannabis sono utilizzate sia per scopi ricreativi sia per migliorare le prestazioni fisiche, causando gravi danni al cervello, al sistema cardiocircolatorio e al sistema nervoso centrale. Inoltre, entrambe portano a dipendenza fisica e psicologica, con conseguenze devastanti sulla vita degli utilizzatori.
Il rischio non si limita agli atleti. Anche i non sportivi, attratti dal mito del successo fisico o dalla ricerca di una brillantezza temporanea, possono cadere nella trappola del doping. Persino farmaci leciti, come gli antinfiammatori, o integratori alimentari possono diventare pericolosi se assunti in modo improprio o eccessivo.
Il doping non è solo una questione di sport, ma un problema globale che coinvolge tutti. Combatterlo significa educare, prevenire e sensibilizzare, promuovendo una cultura della salute e del rispetto che vada oltre la competizione, dal campo alla palestra.